Cos’è un Decreto penale di condanna? Cosa devi fare se ne ricevi uno?

Il decreto penale di condanna è una “sentenza preconfezionata” che può essere emessa dal Giudice su richiesta della Procura, quindi senza alcun intervento della difesa, soltanto nelle ipotesi in cui sia possibile irrogare una pena esclusivamente di natura pecuniaria.

Una volta notificato il decreto penale di condanna, l’imputato ha un termine di soli 15 giorni per fare la propria scelta: accettare il decreto penale di condanna e pagare la pena ivi prevista oppure fare opposizione, affinché sui fatti contestati venga celebrato un processo che ne verifichi la reale fondatezza nel contraddittorio tra le parti.

La previsione di un termine perentorio tanto breve per fare una scelta tanto importante rende pertanto indispensabile rivolgersi ad un legale con grande tempestività, così da permettergli di fare una scelta consapevole nel Vostro pieno interesse.

Come si articola un procedimento penale? Quali ne sono le fasi essenziali?

Normalmente, le fasi di un procedimento penale sono tre: che possono però subire delle variazioni a seconda dei casi.

  1. Vi è una prima fase, che è quella delle indagini preliminari, ove l’Autorità giudiziaria, per il mezzo della Polizia, svolge le investigazioni per verificare la fondatezza di una notizia di reato. Questa fase può concludersi in due modi: la Procura può convincersi dell’infondatezza della notizia di reato, e perciò chiederne l’archiviazione, oppure può chiedere che su quei fatti venga celebrato un processo.
  2. In quest’ultimo caso, si apre la seconda fase processuale, quella dell’udienza preliminare. L’udienza preliminare è quel momento in cui un Giudice terzo ed imparziale, sentite l’accusa e la difesa, decide se sia o meno opportuno celebrare un processo sui fatti rappresentati dall’accusa e contraddetti dalla difesa. A seconda della decisione del Giudice, all’esito dell’udienza preliminare il procedimento si concluderà con una sentenza di non luogo a procedere oppure vi sarà il rinvio a giudizio dell’imputato. Questa seconda fase del processo assume peraltro una grande importanza in considerazione del fatto che è il momento ultimo nel quale la difesa è chiamata a fare una scelta strategia di vitale importanza: affrontare il processo vero e proprio oppure optare per un c.d. “rito alternativo” (patteggiamento, giudizio abbreviato), che limita o esclude del tutto le facoltà difensive, ma garantisce in cambio un importante sconto di pena.
  3. Se vi è il rinvio a giudizio e non c’è alcuna opzione per i riti alternativi, si apre la terza ed ultima fase del processo, quella dibattimentale. In questa fase, accusa e difesa portano le proprie prove avanti ad un Giudice terzo che, al termine del processo, emette una sentenza di assoluzione o di condanna rispetto alle accuse addebitate all’imputato.

Rispetto a questa decisione, entrambe le parti avranno poi la facoltà di chiederne una complessiva rivalutazione ad un diverso Giudice: appellando la sentenza avanti la Corte di Appello.
Anche la sentenza di quest’ultimo organo giurisdizionale, infine, potrà essere impugnata avanti ad altro Giudice tramite il ricorso per Cassazione. Quest’ultimo, tuttavia, non permette più di chiedere la rivalutazione dei fatti e delle prove, bensì consente soltanto di verificare se nei precedenti due gradi di giudizio vi sia stata una corretta interpretazione ed applicazione della legge, processuale e sostanziale.