Solo piuttosto recentemente il legislatore italiano ha preso atto di come gli animali abbiano assunto un ruolo importante all’interno della società. Una volta persa la loro valenza economica di mezzi da tiro e da trasporto, gli animali sono diventati soggetti d’affezione, che con la loro presenza contribuiscono ad innalzare la qualità di vita delle persone. Proprio dal riconoscimento di questo nuovo valore, è scaturita la necessità di approntare una maggiore protezione del loro benessere: la tutela penale degli animali.
Con la Legge 20 luglio 2004, n. 189, e successive modifiche, il legislatore ha modificando il Codice Penale, introducendo il nuovo Titolo IX-bis rubricato “Dei delitti contro il sentimento degli animali” e riscrivendo totalmente l’articolo 727; inoltre, con un successivo intervento legislativo, ha inserito nel corpo normativo del Codice Penale l’articolo 727-bis.
In primo luogo, va ricordato come l’obiettivo prioritario della Legge 189/2004 all’articolo 2 fosse innanzitutto la tutela di cani e gatti: vietandone l’utilizzo degli stessi per la produzione, confezionamento di pelli, pellicce, capi di abbigliamento ed articoli di pelletteria, nonché la loro commercializzazione o introduzione nel territorio italiano.
Entrando nel merito, e prima di passare in rassegna i reati previsti dall’ordinamento a protezione degli animali, occorre soffermarsi sulle eccezioni: ovverosia sulle situazioni nelle quali, per espressa indicazione di legge, questa normativa non si applica. Il regime sanzionatorio introdotto dalla Legge 189/2004 è infatti mitigato dall’articolo 19-ter disp. coord. del Codice Penale, ai sensi del quale la suddetta normativa non si applica “ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia, di pesca, di allevamento, di trasporto, di macellazione degli animali, di sperimentazione scientifica degli stessi, di attività circense, di giardini zoologici, nonché delle altre leggi speciali in materia di animali”, inoltre, “le disposizioni del Titolo IX Bis del II Libro del Codice Penale non si applicano altresì alle manifestazioni storiche e culturali autorizzare dalla Regione competente”.
Vediamo quindi quali sono le ipotesi di reato poste dalla legge a tutela degli animali.
Una particolare attenzione deve essere innanzitutto rivolta all’articolo 727 del Codice Penale, rubricato “Abbandono di animali”, alla luce del quale è punito con la pena dell’arresto fino ad un anno e con quella dell’ammenda da 1.000,00 a 10.000,00 euro “chiunque abbandoni animali domestici ovvero abbandoni animali che abbiano acquisito abitudini dalla cattività”. Inoltre, è punito allo stesso modo “chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze“.
Secondo la giurisprudenza, si configura il reato in questione non soltanto nelle ipotesi in cui l’agente cagioni un patimento all’animale cercando di interrompere qualsiasi rapporto con esso (abbandono in senso stretto), ma anche nelle ipotesi in cui ricorra un inadempimento da parte del responsabile dei propri doveri di cura e di custodia. In considerazione di ciò, si è quindi riconosciuto l’ abbandono punibile ai sensi dell”articolo 727 del Codice Penale, per esempio, nel lasciare animali in auto, nella stagione estiva, per un considerevole periodo di tempo con una esigua scorta di acqua, nonché un minimo ricambio di aria. (Cass. 7 febbraio 2013, n. 5971)
L’articolo 727-bis del codice Penale, introdotto dal Decreto Lgs. n. 121 del 2011, disciplina invece la tutela della flora e della fauna (selvatica) protetta. Il predetto reato è rubricato come “Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette”, e punisce, con l’arresto da uno a sei mesi ovvero con l’ammenda fino a quattro mila euro, salvo che il fatto sia più grave, chiunque uccide, cattura o detiene esemplari appartenenti ad una specie animale selvatica protetta; il legislatore per queste condotte ha però previsto una clausola di salvaguardia laddove la quantità di animali sia trascurabile e non incida in maniera determinante sulla conservazione della specie. Alla stessa pena pecuniaria risponde chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugge, preleva o detiene esemplari appartenenti ad una specie vegetale selvatica protetta; anche per tali condotte è stata prevista una clausola di salvaguardia nel caso in cui la quantità di vegetazione protetta sia non ingente e non comprometta lo stato di conservazione della specie. Questa norma non protegge quindi il singolo animale, bensì le specie protette: venendo in rilievo soltanto quando la cattura e/o l’uccisione dell’esemplare comprometta la sopravvivenza dell’intera specie.
Passiamo quindi ad analizzare le due fattispecie principali previste dalla legge a tutela del benessere degli animali di affezione.
Innanzitutto, va tenuto in considerazione l’articolo 544-bis del Codice penale, rubricato “Uccisione di animali”, ai sensi del quale “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni“.
Una particolare attenzione deve essere rivolta sull’inciso crudeltà e senza necessita; con il primo si fa riferimento a tutte quelle modalità di uccisione che urtano la sensibilità umana; invece, con il secondo inciso summenzionato, il Legislatore ha voluto sottolineare la esclusione della configurabilità di tale figura di reato ove si rientra lo stato di necessità di cui all’articolo 54 del Codice Penale e quindi ogni situazione nelle quali l’uccisione dell’animale sia cagionata per evitare un pericolo imminente ovvero per contrastare l’aggravamento di un danno alla persona o ai beni, danno ritenuto inevitabile.
Proseguendo con l’analisi, ai sensi dell’articolo 544 ter, rubricato “ Maltrattamento di animali”,” Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.
La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell’animale“.
Affinché si configuri la lesione all’animale è perciò necessario il requisito della crudeltà e della mancata necessità con i medesimi significati riconosciuti ai sensi dell”articolo 544-bis C.p. Trattasi di una figura di reato che può realizzarsi mediante diverse condotte, quali: lesione ad animale, sottoposizione dell’animale a sevizie, a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili, a trattamenti dai quali derivano danni alla loro salute; nel secondo comma il Legislatore punisce la somministrazione di sostanze stupefacenti ovvero vietate, configurandosi quindi il cosidetto reato di doping a danno di animali.
Per completezza, meritano infine di essere citati anche gli articoli 544 quater C.p., rubricato “ Spettacoli o manifestazioni vietati”, che punisce l’organizzazione di spettacoli ovvero delle manifestazioni dai quali derivino sevizie all’animale ovvero strazio per lo stesso; e 544 quintes C.p., rubricato “Divieto di combattimento tra animali”, che sanziona diverse condotte, che in tale sede, possono essere così schematizzate: a) la promozione e la direzione di combattimenti non autorizzati che compromettono l’integrità psicofisica dell”animale; b) l’ allevamento ovvero addestramento di animali destinati a combattimenti non autorizzati; c) organizzazione o scommesse relative a combattimenti ovvero a competizioni non autorizzate, a prescindere dal concorso di persone ed a prescindere che l’organizzatore ovvero colui che scommette si trovi o no sul luogo del combattimento.
Per completezza, va altresì rammentato come, ai sensi dell’articolo 544 sexies C.p., rubricato “Confisca e pene accessorie”, sia previsto, per tutti i delitti sopra menzionati, con esclusione del reato di uccisione di animali, la confisca dell’animale, purchè appartenga a persona diversa dal reo; inoltre, la sentenza di condanna, laddove sia pronunciata nei confronti di chi trasporta, commercia ovvero alleva gli animali, dispone la sospensione delle relative attività per un periodo minimo di tre mesi e massimo a tre anni. Il Legislatore ha previsto l’interdizione dalle attività sopraccitate nel caso in cui il reo sia recidivo.
Concludendo, merita di ricordare come la tutela degli animali non sia limitata, territorialmente, ai confini italiani, bensì metta le sue radici nel contesto europeo; infatti, la Convenzione Europea per la Protezione degli Animali da Compagnia, firmata a Strasburgo il 13 novembre 1987, contiene ben 23 articoli a tutela dei medesimi.
Avv. Ronny Spagnolo